La Guerra Civile Americana 1861-1865
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Gli ultimi mesi prima della guerra, nel Sud

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Messaggio  R.E.Lee Lun 4 Gen 2010 - 15:26

(PRIMA PARTE)

cari amici,
nel libro "gli stati uniti nel 1863" di john bigelow, edito in italia nel 1870, vi è pubblicata una intervista fatta dal giornalista/scrittore inglese v.h. russell corrispondente del times, al presidente jefferson davis ed al senatore del mississippi wigfall nel marzo 1861 !!!...un mese prima dello scoppio della ostilità. il libro riprende tale intervista dal libro dello stesso giornalista: "my diary north and south". è ovvio che prendendo spunto dal titolo di questo nuovo topic, potremmo non solo limitarci a commentare eventualmente le due interviste, ma potremmo liberamente discutere su tutto quello che stava avvenendo nel sud nell'immediato anteguerra.
inizio a trascriverla: "... accompagniamo il giornalista diplomatico anche nella visita a jefferson davis.-benvenuto, signor russel "mi diss'egli, "benchè la vostra comparsa non sia sintomo di prosperità nei nostri affari". e mi fede sedere presso il suo scrittoio, e mi fà parlare della guerra di crimea, dell'insurrezione dell'india, di sebastopoli, del redan dell'assedio di luknow...ecc..
-io ebbi il destro di osservarlo ben davvicino, e devo confessare che la mia impressione non glì riuscì tanto favorevole quanto m'aspettava, benchè all'esteriore sia ben più appariscente che lincoln. ha la presenza di un gentiluomo; sottile, statura media, dritto; un fare semplice ed insieme riservato; fronte lata con molte rughe; le pomelle troppo sporgenti, sopra gote incavate, nuociono alla regolarità del suo viso; labbra sottili, nobili, modellate; mento squadrato....ecc..... cosa straordinaria nel paese, non masticava tabacco, e vestiva elegante, capelli ravviati, stivali lustri. la sua faccia esprime preoccupazione; lo sguardo è inquito, pure la sua parola manifesta la più assoluta confidenza, la più irremovibile risoluzione.
"m'interrogò su quel che avevo veduto nel mio viaggio nel sud. gli risposi aver notato immensi preparativi militari, ed essere stupito della rapidità con cui il popolo corse alle armi. - signore, (ripigliò) i vostri compatrioti che vennero a vederci si sono burlati del gran numero di generali, di colonnelli, di maggiori che v'incontrano. il fatto stà che noi, che che se ne dica, siamo un popolo essenzialmente militare. per ciò non è necessario tener in piedi immensi eserciti. noi siam forsei soli frà cui i giovani ricevano, nelle scuole specialiun educazione militare senz'esser destinati a questa carriera.-
"io gli domandai di darmi una specie di salvacondotto pel caso cadessi mai in qualche capobanda nel tornare al nord. egli mi promise di dar istruzioni necessarie al ministro della guerra.-ma (soggiunse) siate certo d'esser frà popolazioni intelligenti, che conoscona la vostra posizione, e apprezzano il vostro carattere. noi non vogliamo conquistar la simpatia dell'inghilterra con mezzi indegni di noi; abbiam il rispetto di noi stessi; e non temiamo sottomettere i nostri atti all'indagine d'uomini imparziali. quanto ai nostri motivi, dio li giudicherà".
"mi lasciò capire d'aver la più alta opinione della francia come potenza militare; ma le se simpatie voleansi meglio all'inghilterra, benchè non dissimulasse quanto sarebbe difficile guadagnarla alla causa del sud, atteso il problema della schiavitù. non fece veruna allusione al governo di washington, ma mi chiese se l'inghilterra credesse alla guerra. e come risposi che l'opinione pubblica non aspettava ostilità immediate, egli ripigliò: - voi vedete che ci costringono a prender l'armi per difendere i nostri diritti e le nostre libertà".
qui termina l'intervista/visita del giornalista/scrittore al pres. davis. nella seconda parte, posterò l'intervista al senatore wigfall.

(FINE PRIMA PARTE)
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Messaggio  R.E.Lee Lun 4 Gen 2010 - 15:39

(SECONDA PARTE)

Adesso passo a trascrivere l'intervista fatta al senatore del mississippi wigfall, noto "mangiafuoco":
"...e a proposito di diritti e libertà, è curiosa la conversazione di russell con wigfall senatore del mississippi.
- noi (diceva questi) siamo in popolo tutto diverso: voi non ci capite, non potete capirci, perchè non ci conosciete che dagli scrittori del nord, dai giornali del nord, che anch'essi ignorano chi siamo o non dicono quel che sanno. noi siamo un popolo agricolo, un popolo civilizzato, benchè primitivo. non abbiamo città, e non ne sentiam bisogno: non letteratura, e non avremmo a che farne. i giornali sono inutili qua, perchè le questioni pubbliche noi le dibattiamo in istrada, di s'un paracarro; non abbiamo nè navi di traffico nè da guerra, e ne siamo ben contenti. i vostri legni servono a trasportare le nostre produzioni, e voi siete abbastanza forti per proteggerli. non operai. finchè produrremmo riso, zucchero, tabacco, cotane saremo ricchi quanto basta per comprare dalle nazioni amiche tutto quel che ci bisogna, e fare avanzi. ma non faremo mai il più piccolo commercio cogli americani del nord; no, mai di certo: mai una libbra di cotone non andrà direttamente dal sud nelle loro maledette città; mai un chiodo fabbricato nelle loro fucine passerà la nostra frontiera". (FINE)


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Messaggio  R.E.Lee Mar 19 Gen 2010 - 16:49

forrest ha scritto:Anche David Gallagher,nel suo + volte citato saggio"The Confederate war" sostiene che nè i soldati nè il popolo sudista erano rassegnati;ad esserlo,purtroppo,erano molti Generali (i + importanti) e molti politici.


ribaltando la frittata, sarebbe interessante scoprire quanti generali ed uomini politici del sud erano convinti della bontà della secessione. sono del parere che tali convinzioni si riperquotettero poi nella decisione molti di essi di arrendersi.



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Messaggio  vittorio migliavacca Mar 19 Gen 2010 - 18:23

Uno dei principi fondamentali ai quali si ispiravano gli ufficiali di W.P.( e forse vale anche oggi) era lo spiccato attaccamento al senso del dovere.
Ricordiamo che R.E.Lee disse che la parola più bella e impegnativa del vocabolario era appunto" dovere".
Io credo che molti ufficiali confederati sin dall'inizio nutrivano seri dubbi circa bontà della secessione e la favorevole riuscita della guerra.
Il loro dovere era quello di rispondere alla chiamata e così fecero. E la grande maggioranza lo fece con onore e abnegazione, sacrificando, in molte circostanze, tutto.
Ma la natura umana è per l'appunto " umana" e non divina, con tutto ciò che ne deriva, nel bene e molto spesso nel male.

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Messaggio  R.E.Lee Mer 20 Gen 2010 - 9:15

caro vittorio,
sono d'accordo con te quasi sù tutto!!! ...una volta tanto.....dirai tu... Very Happy lo stesso generale lee, al momento della secessione del suo stato affermò che: ".....non riesco a vedere il lato positivo della secessione!". sul fatto che essi non credevano nella vittoria finale non sarei d'accordo: nel 1860/61 era impossibile, credo per tutti, prevedere che cosa sarebbe successo...


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Messaggio  Mason&Dixon Mer 20 Gen 2010 - 15:52

R.E.Lee ha scritto:caro vittorio,
sono d'accordo con te quasi sù tutto!!! ...una volta tanto.....dirai tu... Very Happy lo stesso generale lee, al momento della secessione del suo stato affermò che: ".....non riesco a vedere il lato positivo della secessione!". sul fatto che essi non credevano nella vittoria finale non sarei d'accordo: nel 1860/61 era impossibile, credo per tutti, prevedere che cosa sarebbe successo...


lee
Caro Lee,
Sono d'accordo su quanto su scritto da voi... se non fosse, pero', per una lezione-tesi del ns Prof. Luraghi che fa parte di un libro di saggi... study che mi ha fatto riflettere, di cui condivido la sua linea di pensiero... Sintetizzo la seguente lezione:

LEZIONE DI CONGEDO
DALL'UNIVERSITA' DI GENOVA
TENUTA IL 16 MAGGIO 1991

..."Personalmente, attraverso lunghe meditazioni sui documenti, sono giunto a persuadermi che nel 1861 il Sud "sapeva" benissimo che avrebbe perso la guerra, ma lo sapeva non gia' a livello cosciente, ma a livello inconscio. Nell'inconscio collettivo del Sud (e per capire cio' occorre studiare a fondo non tanto i documenti "ufficiali", quanto quelli privati di ogni genere e tipo, fino ai piu' umili) si era andata poco a poco chiaramente sviluppando una prevalenza di quello che Freud chiamo' "l'istinto di morte", la sensazione angosciosa e profonda di appartenere a un mondo su cui stavano per calare le ombre del crepuscolo, un mondo che stava morendo: se ne ha quasi la sensazione "fisica"...
Da tutti i documenti (specialmente da quelli privati, non destinati, ripeto, alla pubblicazione) emerge chiaramente lo stato d'animo del Sud in quei fatali momenti: o la conquista dell'indipendenza, o e' la fine di tutto un mondo. Ne' vale dire che questo mondo si sarebbe "salvato" rimanendo entro l'Unione: si sarebbe salvata la schiavitu', certo, ma la "cultura", la civilta' del Sud sarebbero perite di lenta decomposizione. La scelta fu chiaramente di arrischiare il tutto per tutto sui campi di battaglia.
Il Sud gioco' questa carta, e perse. Ma il problema che ci deve qui interessare e' "come" perse e perche' accetto' la lotta secondo i termini e sul terreno scelti dal nemico, cioe' accetto' una lotta la quale, dato il grado dell'evoluzione tecnologica, non poteva essere altro che la prima guerra "industriale" della storia. Come mai allora il Sud scelse coscientemente di combattere sul terreno scelto dal nemico? Forse un barlume di risposta a questo quesito puo' essere dato dal titolo di un libro scritto da uno tra i piu' autorevoli storici americani, Wendell Holmes Stephenson: The South lives in History.
Il vinto Sud, il defunto Sud indubbiamente "vive nella storia": e' questo un dato di fatto incontrovertibile. Certo, coloro che combatterono nelle forze sudiste di terra e di mare non cessarono mai di sperare in un successo (al Sud non era necessario battere il nemico: gli sarebbe bastato non venire battuto). La speranza, si sa, e' l'ultima a morire, specialmente la speranza dei combattenti. Il Sud, in quell'alba tragica del 1861, "sapesse" che piu' altro non gli rimaneva se non scegliere "il modo di morire".
Possiamo quindi dire che forse il Sud, essendo-come civilta'-ormai condannato a perire e sapendo di esserlo, scelse di morire nel modo piu' idoneo per poter rinascere nella Storia. Mi rendo conto che, con una simile tesi, sembra si esca del tutto dal binario della storiografia empirica; che forse nessun documento potra' mai provare quello che io sto dicendo (se pure tuttavia una analisi della documentazione condotta con il metodo della psicologia collettiva arriverebbe a diversa conclusione). Quello su cui ho costruito la mia ipotesi e' tutt'altro. E', anzitutto, quella profonda esperienza delle cose umane che matura con il trascorrere degli anni e degli studi e che conduce a capire che chi faccia professione di storico non ha a che fare solo con aridi dati; che, di la' da tutto il materiale empirico, cio' di cui e' colma la storia sunt lacrimae rerum.

Ciao, Mason&Dixon
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Messaggio  George Armstrong Custer Mer 20 Gen 2010 - 18:00

Per dovere di cronaca,il saggio citato dal ns Mason&Dixon del prof.Luraghi fa parte del libro "Le Stelle e le Strisce", edito da Bompiani,una raccolta di studi in onore di Raimondo Luraghi,scritti in occasione del collocamento a riposo del medesimo,quando ha lasciato per limiti d'età l'università di Genova.
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Messaggio  R.E.Lee Mer 20 Gen 2010 - 18:01

cari amici,
innanzi tutto ringrazio mason e dixon per l'interessantissimo documento che ci ha postato. quel che dice il professore deve essere per tutti noi, sempre fonte di riflessione ed approfondimento, penso. il suo modo di scrivere, la sua vena poetica è affascinante ed allo stesso tempo inconfondibile, un "marchio di fabbrica" direi. spero che questo paragone non sia improprio o riduttivo perchè non era mi intendimento anzi, tutto il contrario.
però personalmente tutta questa rassegnazione anteguerra nel sud, di cui parla il professore, non sò da che cosa derivi. fino a prova contraria, la secessione suscitò un ondata di entusiasmo frà la popolazione che definirei esagerata, quasi al limite del fanatismo. io tutta questa rassegnazione nel popolo sudista non la vedo proprio. il professore descrive i sentimenti dei sudisti prima della guerra paragonandoli quasi ad un: "armiamoci, partiamo ed andiamo a buscarle!", mah... io non sarei d'accordo. oltretutto descrive la guerra che và ad iniziare quasi come un conflitto cavalleresco in cui i sudisti gettarono od accettarono, fate voi, il guanto di sfida. quasi fosse un duello. fù tuttaltro che un duello. fù una lotta che il nord condusse con ogni mezzo possibile.
cito qui un passo:"...Il Sud gioco' questa carta, e perse. Ma il problema che ci deve qui interessare e' "come" perse e perche' accetto' la lotta secondo i termini e sul terreno scelti dal nemico, cioe' accetto' una lotta la quale, dato il grado dell'evoluzione tecnologica, non poteva essere altro che la prima guerra "industriale" della storia...". ecco secondo me i sudisti accettarono di combattere secondo i termini che descrive il professore, proprio perchè pensavano con questi sistemi di vincere la guerra, non di perderla !!! i confederati pensavano, prima dello scoppio del conflitto, che la loro tradizione militare, il fatto che al sud ogni uomo era potenzialmente un soldato già bello e fatto, avrebbe fatto pendere la bilancia della guerra a loro favore. a riprova di ciò, vi riporto un intervista fatta da un giornalista inglese al pres. davis poco prima dell'inizio del conflitto, che ho riportato nel post iniziale di questo topic:".... lo sguardo è inquito, pure la sua parola manifesta la più assoluta confidenza, la più irremovibile risoluzione."
"m'interrogò su quel che avevo veduto nel mio viaggio nel sud. gli risposi aver notato immensi preparativi militari, ed essere stupito della rapidità con cui il popolo corse alle armi. - signore, (ripigliò) i vostri compatrioti che vennero a vederci si sono burlati del gran numero di generali, di colonnelli, di maggiori che v'incontrano. il fatto stà che noi, che che se ne dica, siamo un popolo essenzialmente militare. per ciò non è necessario tener in piedi immensi eserciti. noi siam forse i soli frà cui i giovani ricevano, nelle scuole speciali, un educazione militare senz'esser destinati a questa carriera.-..."
i nordisti venivano descritti dai sudisti come " un esercito di sarti e barbieri!". con questo paragone poco lusinghiero descrivevano i loro nemici. non credo che pensassero che questo esercito li potesse sconfiggere.
personalmente, la corrente della "lost cause", di cui ne abbiamo tanto parlato ed ancora ne riparleremo, mi sembra abbia contagiato sempre il professore. questo suo documento, me ne pare intriso.

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Messaggio  vittorio migliavacca Mer 20 Gen 2010 - 19:47

Ciò che affermi, caro Lee non è del tutto sbagliato.
Certamente ci fu tanto entusiasmo e ardore ma non è possibile negare tuttavia che molti sudisti, anche illustri ( e tu hai citato il più illustre di tutti) non credevano cecamente nella causa, anche se accettarono di combattere per essa.
Per molti anni ho insegnato nella scuola( scusate la parentesi personale) ben sapendo di combattere spesso battaglie perse, contro l'ottusità, la mediocrità, la disorganizzazione, l'ignoranza, il menefreghismo( e mi fermo qui) ma ho sempre pensato di avere il dovere di insistere, di provarci, anche quando l'entusiasmo era veramente pochino.
Secondo me molti sudisti, all'inizio e durante la guerra, vissero questa condizione.

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Messaggio  R.E.Lee Gio 21 Gen 2010 - 10:15

caro amici,
vorrei approfondire ulteriormente l'interessante documento postato con molto acume, dall'amico mason-dixon.
francamente, ribadisco il mio pensiero, alla teoria del professore, che paragona l'imminente entrata in guerra della confederazione come quasi un hara-kiri cosciente e volontario, non ci credo proprio. l'intervista al presidente davis che ho postato, fù trà l'altro fatta nel marzo 1861, quando ancora il tennesse, l'arkansas e soprattutto il nord carolina e la virginia, non avevano aderito alla secessione. tutti noi siamo a conoscenza del contributo che soprattutto la virginia , dette alla causa in mezzi e vite umane e....generali..... la virginia, trà l'altro, era lo stato più ricco della confederazione! ebbene, nonostante tutto, il pres. davis era già sicuro e ben determinato alla lotta ancor prima della sua adesione. figuriamoci dopo ! il prof. afferma che si è fatto un idea di quanto afferma, analizzando documenti non ufficiali ecc....personalmente sono dell'opinione contraria: il prof. aveva già quell'opinione ed, in conseguenza di essa, ha dato credito a documenti che l'avvaloravano invece che ad altri che erano d'impostazione diametralmente opposta . sono del parere che tra le migliaia di documenti non ufficiali che sono circolati, le speranze e le previsioni di chi li ha scritti, variavano dal pessismo sino all'ottimismo esagerato. è probabile che anche nel nord la situazione fosse la medesima: anche là c'era chi sperava di vincerla la guerra e chi temeva di perderla.
quel che conta più dell'impressioni personali seppur di un grande studioso, sono i fatti: la "sensazione fisica", "l'istinto di morte" di cui parla il professore, non si avvertono minimamente, secondo me, nella gente del sud prima dell'inizio delle ostilità.
la superiorità di uomini e mezzi cui il nord godeva, non era ritenuta determinante . il pensiero del pres. davis che ho citato in precedenza , ne è prova lampante. secondo i sudisti, a fare la differenza, sarebbe stata la preparazione militare e la predisposizione al combattimento, qualità cui loro ritenevano di averne a iosa. la superiorità del nord cui ho accennato non si riteneva avrebbe pesato sul piatto della bilancia per un semplice motivo: l'esperienza europea delle guerre napoleoniche era arrivata anche negli Usa, tutti si erano forgiati ed avevano studiato le gesta del grande imperatore. ragion per cui l'opinione prevalente era che la guerra sarebbe durata poco tempo e poche battaglie, questo valeva per il nord e per il sud. ripeto, ho massimo rispetto per quanto scritto dal professore, ma la realtà che lui "avverte nel suo subconscio", non è a mio avviso corrispondente alla realtà dei fatti. mi sembra molto permeata di quella corrente nata "però" nel dopoguerra che fù la "lost cause".


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Messaggio  Simone Silvestri Lun 1 Feb 2010 - 10:01

Caro Lee,
ho letto attentamente il tuo articolo riguardante i giorni che precedettero la ACW....veramente interessante.
Personalmente condivido quello che hai scritto; come te credo che il Sud fosse forgiato e permeato da quello spirito guerriero che solo nelle antiche civiltà si è potuto constatare, non a caso molte di queste furono sopraffatte dalle società industrialmente sviluppate.
Quello he mi incuriosisce, però, e cosa abbia spinto il Luraghi ad affermare ciò che ha scritto; cosa lo ha spinto a formarsi questa idea?
Pensi che sia possibile che la società del sud, profonda e spirituale, abbia percepito o comunque ipotizzato una sua precoce fine?
In questo credo che tutte le grandi civiltà che hanno sempre mantenuto un certo contatto con la terra, percepirono sempre in anticipo la loro eventuale fine.
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Messaggio  R.E.Lee Lun 1 Feb 2010 - 10:43

Simone Silvestri ha scritto:Caro Lee,
ho letto attentamente il tuo articolo riguardante i giorni che precedettero la ACW....veramente interessante.
Personalmente condivido quello che hai scritto; come te credo che il Sud fosse forgiato e permeato da quello spirito guerriero che solo nelle antiche civiltà si è potuto constatare, non a caso molte di queste furono sopraffatte dalle società industrialmente sviluppate.
Quello he mi incuriosisce, però, e cosa abbia spinto il Luraghi ad affermare ciò che ha scritto; cosa lo ha spinto a formarsi questa idea?
Pensi che sia possibile che la società del sud, profonda e spirituale, abbia percepito o comunque ipotizzato una sua precoce fine?
In questo credo che tutte le grandi civiltà che hanno sempre mantenuto un certo contatto con la terra, percepirono sempre in anticipo la loro eventuale fine.


caro simone,
come ha scritto nel suo messaggio di congedo, il Prof. Luraghi si è fatto questa opinione attraverso anni di studio e la lettura di non meglio precisati documenti: lettere ecc....questa è la SUA opinione, che però solo di un opinione personale seppur rispettabile, si tratta, visto chi è che la esprime. è un modo di pensare e di inquadrare la guerra, tipico di quella corrente lettararia nata POSTGUERRA che è stata la celeberrima "lost cause". come ho scritto nel mio articolo, secondo me questa percezione della "sconfitta inevitabile", allo scoppio ed anche durante la guerra nel sud non c'era e non poteva esserci. calandosi in una visione pratica del conflitto, sarebbe stato da pazzi, per i sudisti, sacrificare centinaia di migliaia dei suoi figli in una guerra dall'esiti che LORO STESSI, ritenevano scontati sin dall'inizio, ed ha volere essere pure venali, spendere un patrimonio immenso, riducendo il loro paese sul lastrico, solo per una questione d'onore. secondo me, i loro dirigenti entrarono in guerra con la convinzione o perlomeno le fondate speranze, di vincere la guerra, e l'ondata di entusiasmo/fanatismo che attraversò tutto il popolo del sud, anche quello di estrazioni sociali più umili, allo scoppio delle ostilità, ne è la prova più lampante. non penso che nel sud vi fosse la percezione di una fine precoce, nessuno nel 1861 aveva la percezione, sia a nord che a sud, di quello che sarebbe successo di lì a poco, figuriamoci se avrebbero potuto ipotizzare come sarebbe andata finire la guerra. come si evince facilmente dalle parole del presidente davis nel documento/intervista che ho anche postato, nel sud c'era la ferma determinazione a battersi per la difesa della loro civiltà, non ha combattere solo per farla perire con onore.

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Messaggio  vittorio migliavacca Mar 2 Feb 2010 - 12:22

Rispetto al problema che stiamo dibattendo, farei delle distinzioni che porrebbero la questione su piani paralleli e non convergenti.
In primo luogo separerei l'ipotesi di un successo finale( tutto sommato possibile nel 1861) dall'idea di sostenere la positività della secessione( non da tutti condivisa).
In secondo luogo terrei ad evidenziare il grande o grandissimo entusiasmo che circolava, ma soprattutto tra gli strati più umili della popolazione e in misura più contenuta tra una parte della dirigenza militare del Sud.
E' ovvio che il popolo, spesso lontano dalle dinamiche e dagli intrighi del potere, non riesca a formarsi un'idea chiara, precisa e reale di situazioni politiche generali e si faccia così guidare e condizionare da facili entusiasmi, nei quali riesce anche a credere sinceramente; e questo fu ancora più vero in periodi dove le comunicazioni mediatiche erano pressochè assenti.
Ma credere che le personalità politiche e militari, calate più profondamente nelle realtà politiche del paese, dotate di mezzi, anche culturali, più consistenti, fossero cecamente convinte del successo finale, mi riesce difficile. I militari,poi, soprattutto nell'800, di mestiere facevano la guerra e nel nostro caso la fecero. In passato l'idea di poter fare una guerra, anche solo per difendere degli ideali, non era del tutto assente e ciò non dava per scontato l'esito finale. La vita non aveva ancora il valore che noi oggi gli attribuiamo. Dopo l'ACW le cose cambiarono, non a caso parliamo di prima guerra moderna, ma non solo per gli aspetti tattici e strategici, ma anche etici e umani. Ma questa è solo una mia opinione.

Ciao Granny

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Messaggio  George Armstrong Custer Mar 2 Feb 2010 - 13:06

In merito al saggio del prof.Luraghi, inserito nel libro “le Stelle e le Striscie”,vorrei fare le seguenti precisazioni.
1) In primo luogo ritengo che il saggio del Luraghi vada letto per intero al fine di rendersi conto bene quale sia stato effettivamente il messaggio che il prof. ha voluto lasciare ai suoi studenti nell’ultima lezione da lui tenuta all’Università di Genova.Non credo sia sufficiente leggere solo la parte del saggio in questione che è stata gentilmente postata dal ns Mason&Dixon.
2) Luraghi scrive che il Sud sapeva di perdere la guerra non a livello cosciente e quindi consapevole,ma a livello inconscio. Pertanto,le affermazioni del professore vanno interpretate tenendo sempre presente che il medesimo non ha mai detto che esistesse una consapevolezza reale da parte dei Sudisti di aver cominciato una guerra sapendo già che l’avrebbero persa.
3) Il prof. ha formulato la sua tesi facendo riferimento a memorie e scritti anche di natura privata,nei quali emerge la sensazione “di appartenere ad un mondo al crepuscolo” che stava morendo. Sensazioni,come scrive Luraghi, riscontrate,tra l’altro, nelle letture delle opere di saggisti e poeti,quali lo scrittore Edgar Allan Poe, in cui viene descritto un mondo in disgregazione.
4)Molte delle affermazioni contenute nel saggio del Luraghi,per essere correttamente intese,non vanno inquadrate nell’ambito delle discipline storiche propriamente dette,ma in quella particolare disciplina chiamata “Psicostoria” che non si basa su fatti provati in modo certo.
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Messaggio  R.E.Lee Mar 2 Feb 2010 - 14:15

vittorio migliavacca ha scritto:
"....Ma credere che le personalità politiche e militari, calate più profondamente nelle realtà politiche del paese, dotate di mezzi, anche culturali, più consistenti, fossero cecamente convinte del successo finale, mi riesce difficile. I militari,poi, soprattutto nell'800, di mestiere facevano la guerra e nel nostro caso la fecero. In passato l'idea di poter fare una guerra, anche solo per difendere degli ideali, non era del tutto assente e ciò non dava per scontato l'esito finale. La vita non aveva ancora il valore che noi oggi gli attribuiamo. Dopo l'ACW le cose cambiarono, non a caso parliamo di prima guerra moderna, ma non solo per gli aspetti tattici e strategici, ma anche etici e umani. Ma questa è solo una mia opinione.

Ciao Granny

caro granny,
personalmente non ho mai affermato che le più alte autorità politiche e militari, credessero ciecamente nella vittoria, ho detto solo che vi era ferma determinazione e fondate speranze per vincere il conflitto da parte di molti di loro. questa speranza era perorata, oltre che dal popolo che da quanto si evince dal tuo scritto era a quei tempi più influenzabile di oggi, perfino della più alta carica del paese: il pres. Davis. ricordo che l'intervista fù rilasciata al giornalista in data 21/3/1861, quando addirittura la secessione di 4 stati tra cui la virginia, non era stata ancora proclamata. non percepisco personalmente nessuna sensazione di esser "sconfitti predestinatamente" e di battersi per una questione d'onore da parte dei sudisti. tutto questo mi sembra una distorsione romanzesca della realtà. anzi, a priori, il compito che si presentava ai nordisti era di una difficoltà immane.

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Messaggio  vittorio migliavacca Mar 2 Feb 2010 - 14:41

Caro Lee,
forse stiamo dicendo la stessa cosa.
Siamo davanti al classico bicchiere mezzo pieno; uno di noi lo vede mezzo pieno, l'altro mezzo vuoto.
Ma la sostanza non cambia, cambia solo l'approccio.



Mi pare che l'ultimo intervento di Custer abbia aggiunto qualche cosa di nuovo alla discussione rendendola meno intricata.
O sbaglio?

Saluti Granny

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Messaggio  R.E.Lee Mar 2 Feb 2010 - 15:31

George Armstrong Custer ha scritto:In merito al saggio del prof.Luraghi, inserito nel libro “le Stelle e le Striscie”,vorrei fare le seguenti precisazioni.
1) In primo luogo ritengo che il saggio del Luraghi vada letto per intero al fine di rendersi conto bene quale sia stato effettivamente il messaggio che il prof. ha voluto lasciare ai suoi studenti nell’ultima lezione da lui tenuta all’Università di Genova.Non credo sia sufficiente leggere solo la parte del saggio in questione che è stata gentilmente postata dal ns Mason&Dixon.
2) Luraghi scrive che il Sud sapeva di perdere la guerra non a livello cosciente e quindi consapevole,ma a livello inconscio. Pertanto,le affermazioni del professore vanno interpretate tenendo sempre presente che il medesimo non ha mai detto che esistesse una consapevolezza reale da parte dei Sudisti di aver cominciato una guerra sapendo già che l’avrebbero persa.
3) Il prof. ha formulato la sua tesi facendo riferimento a memorie e scritti anche di natura privata,nei quali emerge la sensazione “di appartenere ad un mondo al crepuscolo” che stava morendo. Sensazioni,come scrive Luraghi, riscontrate,tra l’altro, nelle letture delle opere di saggisti e poeti,quali lo scrittore Edgar Allan Poe, in cui viene descritto un mondo in disgregazione.
4)Molte delle affermazioni contenute nel saggio del Luraghi,per essere correttamente intese,non vanno inquadrate nell’ambito delle discipline storiche propriamente dette,ma in quella particolare disciplina chiamata “Psicostoria” che non si basa su fatti provati in modo certo.


ho dato una lettura più estesa a quanto scritto dal prof. luraghi. non mi pare che la cosa cambi granchè: trattasi di sue riflessioni, valutazioni ed opinioni che seppur rispettabilissime, in quanto scritte da un luminare in materia che tanto tempo ha dedicato alla studio ed alla divulgazione della Cw, ma sempre opinabili sono. personalmente rimango della mio opinione: per un documento in cui può trasudare un certa rassegnazione, se ne possono trovare tranquillamente due in cui questa rasegnazione non c'è, anzi. rimagono per me sempre i fatti: la determinazione della massima carica dello stato, l'entusiasmo anche degli strati più umili della popolazione sudista che, anche se influenzabile, sarà stata influenzata di certo da qualcuno degli strati sociali più alti che non aveva certo il presagio di andare a combattere una guerra perduta in partenza. non vorrei neppure tralasciare a riprova di quanto ho detto, lo slancio, lo spirito di sacrificio e la combattività che caratterizzò gli uomini che formarono gli eserciti sudisti fino praticamente alla fine del conflitto. non rischiarono la vita per perdere, bensì per vincere !! non conosco la sopracitata "psicostoria": ad occhio e croce mi sembra un "ancora di salvataggio" di comodo per delle teorie che non hanno tanti fondamenti pratici.

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Messaggio  George Armstrong Custer Mar 2 Feb 2010 - 17:46

Mi è sembrato doveroso inserire le affermazioni del Luraghi nella loro giusta collocazione in quanto credo che acquistino altra e diversa valenza.Come scrive il Luraghi nel suo saggio,ci troviamo fuori dal binario della storiografia empirica per entrare nel campo della filosofia della storia,anche se il prof.stesso scrive di aver esaminato migliaia di documenti e di lettere "ove aleggia una sensazione chiarissima e angosciosa di appartenere ad un mondo in disgregazione",che egli cita a sostegno della sua tesi.Il fatto che i Sudisti abbiano combattuto valorosamente,non credo che sia in contrasto con quanto afferma il Luraghi e in questo mi riallaccio alle osservazioni, che condivido, effettuate in merito dal ns Vittorio.
Sull'aspetto che si tratti di valutazioni personali del prof., penso che siamo tutti d'accordo.
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Messaggio  R.E.Lee Mer 3 Feb 2010 - 10:38

George Armstrong Custer ha scritto:
"....Sull'aspetto che si tratti di valutazioni personali del prof., penso che siamo tutti d'accordo.



d'accordissimo caro george ! Very Happy
sono valutazioni personali ed, a mio avviso, opinabilissime ! mi sembra che contengano molta più filosofia che storia vera e propria. come ho scritto in precedenza, di documenti e lettere varie, ne sono circolate a valanghe prima e durante il conflitto. poi ci può essere qualche studioso che ne prende in considerazione alcune che esprimono un tipo di sentimento o presagio, tralasciandone altre che recitano tutto il contrario e viceversa. nel sud d'anteguerra, come nel nord, vi erano sicuramente cittadini ottimisti circa l'esito del conflitto e cittadini pessimisti: censirli credo sia impossibile. l'analizzare o comunque dare più importanza a dei documenti invece che ad altri, credo che, in molti casi, sia frutto di una certa "partigianeria" fatta in buona fede s'intende, se mi passate il termine: lo storico molte volte, può dare, la propria preferenza a dei documenti che avvalorino le tesi che lui stesso ipotizza. comunque ritornando al documento del professor Luraghi, è stato redatto molto tempo dopo la fine della guerra, a "bocce oramai straferme", il "senno di poi" non può non avere influenzato il suo pensiero. secondo me sono più interessanti per appurare la verità storica, documenti tipo quello dell'intervista a davis, oppure quello in cui parla il senatore wigfall, in quanto trattasi di interviste fatte IN TEMPO reale, giusto poco prima dello scoppio del conflitto, il senno di poi in quei casi non esiste. cosa nè pensate ?

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Messaggio  George Armstrong Custer Mer 3 Feb 2010 - 13:04

In merito alle valutazioni contenute nel saggio del Luraghi,vorrei aggiungere che anche nel libro “Via col Vento”, di Margaret Mitchell, si avverte da parte di alcuni protagonisti del libro stesso,un cupo pessimismo dovuto alla consapevolezza di appartenere ad un mondo (quello del Sud) in disgregazione,destinato a scomparire;sensazioni che sono le medesime di cui parla il prof. nel saggio di cui stiamo discutendo.
Per es. Ashley Wilkes, uno dei personaggi principali di detto libro,sin dal momento dello scoppio della guerra è preso da brutti e oscuri presentimenti sul come andrà a finire la guerra che deve ancora cominciare,ma questo aspetto non gli impedirà di combattere strenuamente contro i Nordisti.
La frase che colpisce di più è quando Ashley dice che anche se il Sud vincesse la guerra,sarebbe da considerare, di fatto, persa lo stesso,perché il mondo in cui egli viveva al quale era profondamente attaccato,non sarebbe stato più quello di prima. La società alla quale apparteneva Ashley Wilkes si sarebbe trasformata nel dopo-guerra, sia a guerra vinta che a guerra persa,in una nuova realtà che a lui non sarebbe piaciuta affatto e non ci si sarebbe mai adattato.
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Messaggio  George Armstrong Custer Mer 3 Feb 2010 - 13:23

Per rispondere al ns Lee, farei un distinguo tra le dichiarazioni rilasciate da politici che occupavano allora posizioni di primo piano che, come tutte le dichiarazioni dei politici, tendono ad enfatizzare a loro consumo gli avvenimenti che stanno vivendo, e le memorie e le lettere private di cittadini e di combattenti che,dato l’elevato tasso di alfabetizzazione- per quell’epoca- esistente negli USA,sono innumerevoli e forse più vicine al cumune sentire del periodo storico in questione.
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Messaggio  R.E.Lee Mer 3 Feb 2010 - 15:27

George Armstrong Custer ha scritto:Per rispondere al ns Lee, farei un distinguo tra le dichiarazioni rilasciate da politici che occupavano allora posizioni di primo piano che, come tutte le dichiarazioni dei politici, tendono ad enfatizzare a loro consumo gli avvenimenti che stanno vivendo, e le memorie e le lettere private di cittadini e di combattenti che,dato l’elevato tasso di alfabetizzazione- per quell’epoca- esistente negli USA,sono innumerevoli e forse più vicine al cumune sentire del periodo storico in questione.

caro george ...ci mancherebbe !! Wink
il politico deve fare il politico, allora come ai giorni nostri !! Smile però vorrei ribadire il mio parere, anche se ha forza di dirlo rischio di venire a noia, riguardo alle lettere dei privati cittadini. Embarassed come dici tu, esse ci possono dare "un polso più esatto della situazione psicologica che si viveva alla vigilia della guerra", questo è probabile, però secondo me, per una lettera di un pessimista si possono tranquillamente trovare due lettere di cittadini ottimisti !! quindi alla fine dei salmi, sono le dichiarazioni ed i comportamenti che più di ogni altra cosa ci possono far capire come si viveva nel sud la vigilia della guerra. gli ultimi tentativi di un compromesso vennero rigettati non per immolare il sud e la sua civiltà sull'altare sacrificale, ma bensì perchè vi erano concrete e fondate speranze di vincere la guerra. l'entusiasmo anche esagerato delle classi meno abbiette che partivano per il fronte, il disprezzo e l'arroganza con cui descrivevano i loro futuri nemici, mi porta a concludere che anche nelle classi più povere ci fossero concrete speranze di vincere la guerra.

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Messaggio  R.E.Lee Mer 3 Feb 2010 - 15:31

George Armstrong Custer ha scritto:In merito alle valutazioni contenute nel saggio del Luraghi,vorrei aggiungere che anche nel libro “Via col Vento”, di Margaret Mitchell, si avverte da parte di alcuni protagonisti del libro stesso,un cupo pessimismo dovuto alla consapevolezza di appartenere ad un mondo (quello del Sud) in disgregazione,destinato a scomparire;sensazioni che sono le medesime di cui parla il prof. nel saggio di cui stiamo discutendo.
Per es. Ashley Wilkes, uno dei personaggi principali di detto libro,sin dal momento dello scoppio della guerra è preso da brutti e oscuri presentimenti sul come andrà a finire la guerra che deve ancora cominciare,ma questo aspetto non gli impedirà di combattere strenuamente contro i Nordisti.
La frase che colpisce di più è quando Ashley dice che anche se il Sud vincesse la guerra,sarebbe da considerare, di fatto, persa lo stesso,perché il mondo in cui egli viveva al quale era profondamente attaccato,non sarebbe stato più quello di prima. La società alla quale apparteneva Ashley Wilkes si sarebbe trasformata nel dopo-guerra, sia a guerra vinta che a guerra persa,in una nuova realtà che a lui non sarebbe piaciuta affatto e non ci si sarebbe mai adattato.

non ho letto il lbro "via col vento", ho visto (più volte) solo il film. mi sembra un lungometraggio (bellissimo, ci mancherebbe), in cui il filone della "lost cause" la fà da padrone...presumo che il libro, seppur in maniera più dettagliata segua, anzi anticipi, le orme del film. .....ehm...sono ai limiti del topic.... Embarassed

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Messaggio  George Armstrong Custer Mer 3 Feb 2010 - 18:01

Eppure Luraghi sostiene che il quadro dell'antica società sudista che viene fuori dalla lettura dei numerosi scritti privati di quel tempo,collima con quanto descritto dalla Mitchell, nel suo libro "Via col Vento".
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Messaggio  R.E.Lee Mer 3 Feb 2010 - 18:14

George Armstrong Custer ha scritto:Eppure Luraghi sostiene che il quadro dell'antica società sudista che viene fuori dalla lettura dei numerosi scritti privati di quel tempo,collima con quanto descritto dalla Mitchell, nel suo libro "Via col Vento".


caro george,
come scritto in precedenza non ho letto il libro in questione, ho solo visto più volte il film. nel suo "storia della guerra civile americana", la narrativa appassionante del professore e la descrizione della società sudista anteguerra è in effetti molto simile a quella del film. il Professore però ci dovrebbe spiegare una cosa: lui afferma che nel sud vi era la consapevolezza "subconscia e latente" che la guerra era una causa persa in partenza, come mai allora se quanto da lui scritto collima con "via col vento", al momento della dichiarazione di guerra nel film tutto il popolo sudista esulta, festeggia...ecc...ecc...ecc...? mi sembra un incongruenza...

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